L' I S T R I A    I N    K A Y A K

La penisola istriana in kayak: da Punta Salvore ad Abbazia. Il periplo dell'Istria (170 km circa) è un classico per i diportisti  nautici dell'alto Adriatico, e si presta molto bene anche per il piccolo cabotaggio canoistico. Poche sono le controindicazioni, perlomeno durante la bella stagione: qualche area militare, da cui stare ovviamente alla larga, qualche giorno di scirocco o di bora, e qualche precauzione in più da prendere all'estremità meridionale e nel tratto nord orientale, per la presenza di correnti e la scarsa disponibilità di approdi. La base di partenza del nostro viaggio sarà il camping Canegra, pochi chilometri
oltre il confine sloveno/croato del fiume Dragogna. Prima però ci appostiamo sull'altopiano, per ammirare il panorama del golfo di Pirano, con Portorose sullo sfondo e le saline di Sicciòle. Scendiamo al porticciolo, da cui salpiamo alla volta di punta Salvore, pagaiando sottocosta, per non sconfinare.

 
Salvore (Savudrija), con il suo faro, delimita a sud il golfo di Trieste, che intravediamo in lontananza assieme alla dirimpettaia Grado. Con il cielo terso da qui si può ammirare tutto l'arco alpino orientale. Dopo aver svoltato l'angolo facciamo rotta verso sud, per affrontare uno dei tratti costieri più intensamente sfruttati dal punto di vista turistico di tutto il Mediterraneo.Basti pensare che lungo i 50 km. di costa che vanno dalla riviera di Umago a quella di Rovigno hanno sede ben 25 campeggi, molti dei quali ospitanti regolarmente 4 - 5000 vacanzieri ed oltre. D'altra parte non avrebbe potuto essere diversamente: il paesaggio armoniosamente ondulato e leggermente digradante verso il mare, una costa frastagliatissima, con una miriade di penisolette, insenature, spiaggette ghiaiose e promontori, il mare limpido, punteggiato per chilometri da isole, isolotti e scogli, verdeggianti di vegetazione mediterranea, le romantiche cittadine rivierasche, le estati calde e soleggiate, hanno da sempre attirato masse di pallide e infreddolite genti transalpine. E così anche noi, al ritmo delle nostre pagaiate, iniziamo il nostro viaggio verso sud, in questo mondo godereccio e festivaliero. Dopotutto l'etica del pagaiatore marino non impone di frequentare unicamente luoghi remoti e incontaminati, ed io ho sempre avuto la sensazione che qualche giorno di pagaia, ma non solo, in mezzo a creature più o meno svestite, tra una tappa a base di sardelle e Terrano, e un'altra a base di scampi e Malvasia, giovino allo spirito più che una settimana in laguna o nelle paludi alle foci del Po.  E così, tra un assaggino, un rinfreschino e una chiacchieratina, passiamo
in rassegna la riviera di Umago e Cittanova (Novigrad).

Attraversata l'oasi naturalistica della foce del fiume Quieto (Mirna), importante punto di ritrovo e di ristoro per innumerevoli specie di volatili, oltreché di pinnuti e quadrupedi, entriamo nel comprensorio rivierasco del comune di Parenzo (Porec), dove, per la gioia dei nostri occhi, il paesaggio fino a qui piuttosto regolare, piatto e forse anche monotono, inizia sensibilmente ad articolarsi in profonde baie, ripidi promontori rocciosi, spiaggette sassose, quasi tutte ovviamente facenti parte di campeggi o villaggi turistici, ma fruibili egualmente, senza troppi problemi, da noi turisti di passaggio, dato che qui, per nostra fortuna, il concetto di proprietà privata non è sentito in modo così marcato e limitante come dalle nostre parti.
All'altezza del capoluogo abbiamo di fronte a noi il tratto costiero con la massima concentrazione di impianti turistici. Nei dodici chilometri che separano Parenzo dal Canale di Leme è tutto un susseguirsi di hotel, camping, campi da tennis e impianti sportivi di ogni genere, fortunatamente tutti abbastanza ben inseriti nel verde dei boschi. Il mare antistante alla costa è punteggiato da una ventina di isole rocciose ricoperte di vegetazione e da altrettanti scogli, che però fungono principalmente da vespasiano per le migliaia di colombi e uccellame vario che frequenta assiduamente la zona. In alta stagione i collegamenti da e per le isole sono assicurati, si fa per dire, da decine e decine di surfisti con diverso grado di imbranataggine, che ciondolano avanti e indietro da mattina a sera. E i porticcioli turistici riforniscono continuamente questo specchio d'acqua di motoscafume di diversa pezzatura che garantisce un continuo rimescolamento delle acque e un costante apporto di ossido di carbonio all'aria, che altrimenti sarebbe eccessivamente pura... Ovviamente questo quadro inquietante si riferisce al periodo ferragostano e dintorni; chi ha la fortuna di capitare qui in maggio, giugno, inizio luglio e settembre trova tutta un'altra atmosfera. Per gli amanti dei panorami l'arrampicata sul colle della cittadina di Orsera (Vrsar) è d'obbligo: il tramonto sull'arcipelago visto dall'alto è indescrivibile. Per chi volesse pernottare in zona, consiglio il camping Bijela Uvala, per la sua relativa tranquillità e per la posizione canoisticamente strategica. I più raffinati e danarosi possono alloggiare sull'isola di San Nicola, proprio di fronte a Parenzo, sede di alcuni alberghi. Per chi inoltre volesse provare l'emozione del camping naturistico, cioè nudistico, non c'è che l'imbarazzo della scelta: Parenzo, con in testa il megacamping Coversada, è da diversi decenni la capitale europea del settore.
Proseguendo il nostro viaggio verso sud incontriamo un'ampia fenditura che
si insinua profondamente nella terraferma: è il Canale di Leme (Limski Kanal), che più che un canale è un fiordo scavato nella roccia carsica migliaia di anni fa da un corso d'acqua che qui aveva lo sbocco. Questa fenditura penetra nell'entroterra per circa 10 km., dei quali però solo la metà accessibili, in quanto la parte più interna è adibita ad allevamento di pesce pregiato e crostacei. Da notare la differenza di vegetazione tra la pendice meridionale, esposta ai freddi venti settentrionali e quella settentrionale, florida e rigogliosa.

Oltrepassato il fiordo entriamo nel comprensorio costiero di Rovigno (Rovinj), la più bella città costiera dell'Istria, anch'essa circondata da una corte di bellissime isole e isolotti. Fu proprio scoprendo le sue coste che mi appassionai al kayak, nell'estate del 93. Rovigno, come il primo amore, non si scorda mai, e lei, l'ammaliatrice, ha sempre esercitato su di me il suo fascino speciale. Sarà la maggiore limpidezza delle sue acque, o le asperità dei suoi profili rocciosi, la pineta del Monte Mulini, i riflessi verde smeraldo della baia di Punta Corrente, i profumi inebrianti della vegetazione esotica del parco di Montauro, sarà il fascino selvaggio di certe isolette, oppure la maestosità del campanile veneziano che domina dall'alto tutto l'arcipelago; oppure più semplicemente sono tutte queste cose messe assieme, che tutte le estati mi attraggono a lei come ad un magnete. Tappa obbligata quindi ancora una volta al camping Polari, ottima base d'appoggio per un'escursione sulle isole esterne, dalle quali possiamo tracciare a vista l'itinerario successivo, una ventina di chilometri di coste basse e accessibili, per lunghi tratti selvagge, verso l'estremità meridionale della penisola. Qualche km al largo possiamo ammirare le delle mitiche Brioni. Questo arcipelago è composto da 14 isolette dolcemente ondulate, coperte da distese di prati e boschi, in cui pullulano scoiattoli e lepri, caprioli e cervi, fra coste articolatissime, ricche di spiagge e piattaforme rocciose. Per trent'anni, dal dopoguerra ai primi anni ottanta, queste isole sono state la residenza estiva del maresciallo Tito, e durante questo periodo era vietata addirittura la circolazione nel canale che le separano dalla terraferma. Negli anni ottanta fino ad oggi sono state parzialmente destinate ad un turismo elitario e danaroso.
A noi liberi pagaiatori era sino ad ora vietato anche solo avvicinare queste coste, ora però, con il nuovo governo in carica qualcosa si sta muovendo a nostro favore, ma non ne sono tanto sicuro.

In attesa di chiarimenti nella normativa  puntiamo direttamente  alla riviera di Pola, pochi chilometri più a sud. Anche qui, l'amenità del clima, il paesaggio incantevole e la notevole limpidezza delle acque, hanno favorito il sorgere di un'ampia zona turistica, con una notevole presenza di hotel e camping, tra i quali spiccano il panoramico Stoja, che occupa un'intera penisoletta boscosa, e Indie, ai bordi di una baia protetta da una schiera di isole, e perciò
indicatissimo per il camping nautico.
Oltre il villaggio di Bagnole (Banjole) ha inizio la penisola di Promontore (Premantura), sottile e selvaggia lingua rocciosa bagnata da acque piuttosto inquiete, che si protende verso sud per circa 6 km. É l'appendice all'estremità meridionale dell'Istria, e delimita ad occidente la baia di Medolino (Medulin), che volendo possiamo anche raggiungere direttamente trasbordando per circa un chilometro. Medolino, immediatamente riconoscibile dai due campanili gemelli, è un antico villaggio di pescatori e agricoltori, solo da qualche decennio convertito al turismo di massa. La sua posizione geografica è veramente splendida, al centro dell'ampia baia che va da punta Promontore (Rt Kamenjak) a punta Marlera, regno dei surfisti grazie alla costante presenza di vento. Di fronte al paese, al centro della baia, una lunga penisola coperta da pinete, adibita a campeggio, contornata da una schiera di isole che sembrano fatte apposta per la gioia del diportista nautico. Più all'interno, il porto turistico (Marina) di Pomer (frutteto, da pomo) e ampie aree tranquille che ricordano paesaggi lacustri o lagunari.

Oltre Medolino e punta Marlera inizia "l'altra Istria", quella orientale, per lunghi tratti sconosciuta ai più perché selvaggia e poco accessibile. Da qui fino alla riviera di Abbazia (Opatija), alla periferia di Fiume (Rijeka), l'unico centro rivierasco degno di nota è Porto Albona (Rabac).

Per il resto, decine e decine di chilometri di coste scoscese, perlopiù inaccessibili da terra e spesso a strapiombo sul mare; ma non del tutto prive di spiagge e profonde insenature riparate, ricche di suggestivi scorci di natura selvaggia. Possiamo citare le romantiche baie di Kuje, Budava, Vinjole e Krnicka, fino al profondo vallone della foce del fiume Arsa (Zaljev Rasa) protetto dalla slanciata penisola boscosa di Tunarica, sede di un minuscolo camping. Nel vallone d'Arsa compaiono paesaggi prettamente carsici, aspre pietraie calcaree, particolarmente suggestive lungo la foce, dove assumono le forme di ampi tavoloni levigati, digradanti verso il mare blu scuro. La parte più interna assume invece connotazioni tipicamente lagunari.

Oltre Punta Nera (Crna Punta) inizia un tratto piuttosto insidioso, a causa della notevole esposizione alla bora, che qui può soffiare violentemente, incanalandosi tra il Monte Maggiore (Ucka) e i rilievi della dirimpettaia Cherso (Cres). Di conseguenza la costa molto spesso offre ben pochi approdi, e per lunghi tratti è caratterizzata da compatte falangi calcaree, irte di pericolosi spuntoni taglienti. Non vi sono possibilità di sbarco tra Crna Punta e l'abitato di Drenje, e tra Rabac e la valle di Fianona (Plomin).
Piuttosto articolata la costa tra il camping S.Marina e Rabac, ricca di
insenature suggestive, tra le quali spicca la profonda Prklog, con il villaggio di Duga Luka abbarbicato sui pendii boscosi che la circondano.
Unica nota stonata: la sporcizia delle coste, causata dall'accumulo di
spazzatura strappata dalla bora all'agglomerato urbano di Fiume, che qui
evidentemente nessuno si preoccupa di ripulire. Sulla valle di Fianona
ristendiamo il nostro velo pietoso, causa l' inquinante centrale termoelettrica e i rumorosi impianti accessori.
Proseguendo verso nord, lasciamo sulla destra l'isola di Cherso, che qui
dista solo 5 km., e affianchiamo il lungo tratto costiero ai piedi del Monte Maggiore, caratterizzato da ripide scogliere e rare spiaggette. Da una di queste possiamo raggiungere (ovviamente a piedi) il panoramico borgo medioevale di Bersezio (Brsec) a 150 metri di quota, dal quale si gode un'ottima vista sul golfo di Fiume e sulle isole quarnerine. Ancora qualche chilometro di rocce selvagge e rincontriamo la civiltà: Draga di Moschiena (Moscenicka Draga), il primo abitato della riviera di Abbazia.
Qui il paesaggio gradatamente si ingentilisce, e le ripide scogliere si  trasformano gradualmente in dolci pendii ricoperti di pini, lecci, e castagni e da una florida vegetazione illirico-mediterranea, che diffonde nell'aria aromi di timo, basilico, salvia, alloro ed altre piante aromatiche. Arrivati a Laurana (Lovran, da laurus, alloro) entriamo nel vivo di un'ampia zona residenziale-turistica, che arriva fino alla periferia di Fiume. Grazie alla posizione geografica e al microclima estremamente favorevole, già dal secolo scorso queste sponde attiravano l'aristocrazia imperiale, e rapidamente, nei primi decenni di questo secolo, Abbazia diventava la regina del turismo d'élite dell'Alto Adriatico.

Il paesaggio è caratterizzato da un susseguirsi di ville d'epoca, contornate da palme e giardini esotici, casinò, alberghi con piscina e campi da tennis, e qualche piccolo camping per la plebe. Siamo arrivati a Volosca: l'Istria costiera finisce qui. Qualche chilometro più in là inizia la riviera di Kraljevika, Crikvenica e Novi Vinodolski, con di fronte l'isola di Veglia (Krk). 

Ma questa è un'altra storia...
In questa mia panoramica dell'Istria costiera mi sono limitato, per non mettere troppa carne al fuoco, alla mera osservazione superficiale dei litorali, tralasciando volutamente tutta una serie di aspetti di un certo interesse che ritengo sia il caso di ricordare brevemente.
Innanzi tutto le cittadine costiere, da Capodistria a Pirano, da Umago a
Rovigno, senza dimenticare Albona (Labin): sono dei gioiellini di architettura veneziana, a testimonianza del fatto che la presenza della Serenissima qui, come in tutto l'Adriatico Orientale, è stata una costante nei secoli passati. Di questa presenza ne è testimone anche buona parte della popolazione autoctona, che tuttora, a due secoli dalla fine della Repubblica dei Dogi, comprende e spesso anche si esprime in dialetto Istro-veneto. Oltretutto nella regione sono tuttora presenti comunità di nazionalità italiana, circa 35.000 persone. É ciò che è rimasto dopo l'esodo massiccio verso la madrepatria nell'immediato dopoguerra. Sono sparse un po' dappertutto, soprattutto nella fascia costiera occidentale, e sono particolarmente presenti nel Buiese, a Umago, a Cittanova e Rovigno, dove rappresentano un quarto della popolazione, e nei dintorni di Pola. In tutti questi comuni vige ufficialmente il bilinguismo, scritto e parlato, per vie, piazze, rapporti con la pubblica amministrazione. La lingua italiana è studiata nelle scuole, come lingua d'ambiente, dalla maggioranza slovena e croata. Particolare interesse suscita il dialetto italico parlato nel Rovignese, ma soprattutto a Valle, Dignano e Gallesano: sebbene parzialmente venetizzato, presenta una ricca serie di tratti arcaici caratteristici, costituendo, di fatto, un prezioso e studiatissimo residuato dei dialetti romanzi, derivati direttamente dalla volgarizzazione del latino, parlati fino alla fine del secolo scorso sulle isole e lungo le sponde dell'Adriatico Orientale.
Un'altra chicca per gli appassionati di linguistica ed etnologia, ammesso
che ce ne sia qualcuno fra i nostri lettori, è rappresentata dalla presenza degli Istroromeni in alcuni villaggi della Valle d'Arsa. Sono i discendenti di fuggiaschi provenienti dalla Romania, che qui trovarono rifugio, secoli addietro, dalle invasioni dei Turchi. Stessa sorte capitata agli antenati degli abitanti di Peroj, di fronte alle Brioni, anch'essi di origine balcanica. I loro discendenti professano tuttora la religione ortodossa.

Ma l'aspetto più importante e struggente della penisola istriana è lo stato di abbandono in cui versa parte degli abitati dell'interno. L'esodo di circa 200.000 persone, avvenuto nell'immediato dopoguerra, ha lasciato un vuoto profondo; colmato solo in parte dalle popolazioni slave provenienti dall'entroterra. Per intere cittadine, ricche di storia millenaria, il tempo si è fermato al 1947. Portole, Montona, Grisignana, un tempo pulsanti di vita, sono ora ridotte a spettrali monumenti alla rimembranza. Ma questa è ancora un'altra storia...

Dario Franceschin